La misera fine della traditrice Tarpeia-Versioni di Latino

Versioni di Latino

La misera fine della traditrice Tarpeia

I nemici stessi disprezzano la traditrice Tarpeia (Livio)
Questa versione dal latino è adattata da un frammento dello storico padovano Tito Livio, e ricostruisce il tradimento e la punizione per mano degli stessi nemici di Tarpeia durante la guerra dei romani contro i sabini. La traduzione in italiano è letterale ed ideale per affrontare i principali temi affrontati durante il primo anno di studio della lingua latina. La versione presenta alcune semplici proposizioni finali al modo attivo (ut + congiuntivo) e i pronomi dimostrativi hic, haec, hoc
Romani confugerant in Capitolium, quod Sabini oppugnabant. Capitolii custos Spurius Tarpeius erat. Huius filiam, Tarpeiam nomine, Sabinorum rex auro corrupit, ut armatos in arce admitteret. Virgo proditionis pretium petierat id quod Sabini in manibus sinistris gerebant; rex promisit et puella, quae nullum dolum timebat, portam hostibus aperuit ut eos in arcem introduceret. Sed confestim proditionis poenas dedit: nam Sabini non solum armillas et anulos, quae Tarpeia indicaverat, sed etiam scuta in manibus sinistris gerebant, quibus puellam obruerunt atque necaverunt. Nam quicumque turpe facinus committit, saepe hostibus ipsis invisus est. Iuxta aliam fabulam, autem, puellam Romani ipsi interfecerunt ex illa rupe eam deicientes, quam ex eius nomine postea Tarpeiam appellaverunt.
I Romani si erano rifugiati nel Campidoglio, poiché i Sabini prendevano d’assedio. Il guardiano del Campidoglio era Spurio Tarpeo. La di lui figlia, di nome Tarpeia, il re dei Sabini corruppe con l’oro, affinché facesse entrare le milizie armate nella cittadella. La fanciulla aveva chiesto quale premio per il tradimento ciò che i Sabini reggevano nelle mani sinistre; il re promise e la fanciulla, che non temeva alcun male, aprì la porta ai nemici e li introdusse nella cittadella. Ma subito diede le pene del tradimento: infatti i Sabini non soltanto reggevano nella mani sinistre i braccialetti e gli anelli, che Tarpeia aveva indicato, ma anche gli scudi, con i quali seppellirono la ragazza e l’uccisero. Infatti chiunque commette un turpe delitto, spesso è inviso agli stessi nemici. Ugualmente con un’altra storia, allora, gli stessi Romani uccisero la fanciulla gettandola da quella stessa rupe, che chiamarono poi Tarpea dal di lei nome.
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