Grandezza di Alessandro il Macedone nella vita e nella morte-Versioni di Latino

Versioni di Latino

Alessandro il Macedone, grande nella vita e nella morte

La grandezza di Alessandro nella vita e nella morte
Questa versione dal latino è adatta per il secondo anno di studio della lingua latina e presenta un testo adattato dall'autore Curzio Rufo. Il frammento ricostruisce la grandezza di Alessandro il Macedone, esempio di uomo straordinario nella vita e nella morte, sopraggiunta in età giovane. Il testo è spesso utilizzato nelle versioni di recupero. La traduzione in italiano è letterale. Nella versione troverai il modo indicativo e congiuntivo in forma attiva e passiva, l'ablativo assoluto, i participi e i principali pronomi, il cum narrativo (cum + congiuntivo) e le proposizioni finali (ut/ne + congiuntivo), le infinitive attive e passive
Decessit Alexander mensem unum, tres et triginta annos natus, vir supra humanum modum animi vi praeditus. Puer acerrimus, litterarum studiis eruditus fuit. Per quinquennium usus est Aristotele magistro, philosopho praestantissimo. Accepto tandem imperio, tantam militibus suis fiduciam fecit, ut, illo presente, nullius hostis arma timerent. Nullum hostem invictum reliquit; nullam urbem obsedit, quam postea non expugnavisset. Victus denique est non virtute hostili, sed morbo exitiabili. Iam morte imminente, intuentibus lacrimae adstantium praebuerunt speciem exercitum visere iam non regem, sed funus eius. Maeror tamen circumstantium Alexandri lectum eminebat; quos ut rex aspexit: “Invenietis - quaesivit -, cum excessero, dignum talis viris regem?” Incredibile dictu audituque, cum iam fere moribundus esset, in eodem dignissimo habitu corporis duravit donec ab universo exercitu persalutatus est. Cum militum turbam dimisisset, velut omni vitae debito liberatus, fatigata membra reiecit. Amicos appropinquare iussit - nam et vox deficere iam coeperat - et quaerentibus cui relinqueret regnum, respondit: “Dignissimo”. Hoc verbo facto, anulum regiu detractum, Perdiccae tradidit. Paulo post extremum vitae spiritum edidit.
Alessandro morì nato da trentatré anni e un mese, uomo dotato di una forza d’animo al di là della misura umana. Fanciullo d’ingegno vivacissimo, fu istruito agli studi delle lettere. Per un quinquennio si servì come maestro di Aristotele, filosofo eccellentissimo. Assunto infine il comando, ispirò tanta fiducia ai suoi soldati, perché, con lui presente, non temessero le armi di nessun nemico. Non lasciò imbattuto nessun nemico: non assediò alcuna città che poi non ebbe espugnato. Fu infine vinto non da una forza ostile, ma da una malattia mortale. Con la morte ormai imminente, le lacrime dei presenti in attenta osservazione offrirono l’impressione di osservare non già un re stanco, ma il di lui funerale. Appariva allora il dolore di chi stava intorno al letto di Alessandro; quando il re si rivolse loro: “Quando mi spegnerò - domandò - troverete un re degno di tanto uomo?” Dopo aver detto e udito l’incredibile, pur essendo ormai del tutto moribondo, nella medesima degnissima postura del corpo durò fino a che non fu salutato dall’intero esercito. Dopo ebbe congedato la folla dei soldati, come se fosse liberato da ogni dovere della vita, rimise le stanche membra. Ordinò agli amici di avvicinarsi - e infatti già la voce aveva iniziato a mancare - e a chi gli domandava a chi avrebbe lasciato il regno, rispose: “Al più degno”. Fatta questa parola, tolto l’anello regio, lo diede a Perdicca. Poco dopo fece uscire l’ultimo soffio della vita.
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