Morte di Cesare per mano dei congiurati-Versioni di Latino

Versioni di Latino

Cesare vittima della congiura

Morte di Cesare per mano dei congiurati (da Svetonio)
Questa versione dal latino è adatta per il secondo anno di studio della lingua latina e ripercorre la vicenda della morte di Cesare attraverso un testo adattato dallo storico latino Svetonio. Il testo è spesso utilizzato nelle versioni di recupero. La traduzione in italiano è letterale. Nella versione troverai il modo indicativo e congiuntivo in forma attiva e passiva, l'ablativo assoluto, i participi e i principali pronomi, il cum narrativo (cum + congiuntivo) e le proposizioni finali (ut + congiuntivo). Attenzione al perfetto in 'ere'.
Coniurati, cum Caesarem interficere statuissent, ante Pompeii statuam in curia eum expectaverunt. Cum autem dictator in curiam intravisset, processerunt contra eum Cimber Tullius et Casca, qui sica gulam eius percussit. Tunc alii coniurati accurrerunt cum gladiis et sicis. Cum inter eos etiam Brutum vidisset, quem tamquam filium amabat, gemuit Caesar: “Tu quoque, Brute, fili mi” et statim caput suum toga velavit nec plagis restitit. Diu apud Pompei statuam mortuus iacuit, donec Antonius cum militibus armatis supevenit. Corpus eius deicere in Tiberim statuerant coniurati, sed, cum armatos milites vidissent, vehementer timuerunt et diffugerunt. Tum Antonius corpus Caesaris in Rostra vexit lectica et Rostris vehentissimem orationem habuit ante populum, in qua summis laudibus Caesarem extulit. Recitavit etiam magna voce testamentum eius, quo bona sua populo Romano legabat. Romani postea eum in numero deum posuerunt et diem, quo coniurati eum necaverunt, diem parricidii appellavere.
I congiurati, avendo deciso di uccidere Cesare, lo aspettarono nella curia davanti alla statua di Pompeo. Quando allora il primo magistrato entrò nella curia, avanzarono contro di lui Cimbro Tullio e Casca, che trapassò con il pugnale la di lui gola. Allora gli altri congiurati accorsero con spade e pugnali. Quando vide tra di loro anche Bruto, che amava tanto quanto un figlio, Cesare sospirò: “ Anche tu, Bruto, figlio mio” e subito celò il suo capo con la toga e non si oppose ai colpi. A lungo giacque morto presso la statua di Pompeo, fino a che Antonio sopraggiunse con i soldati armati. I congiurati avevano deciso di gettare il di lui corpo nel Tevere, ma, quando videro i soldati armati, si spaventarono e fuggirono con foga. Allora Antonio trasportò il corpo di Cesare ai Rostri e ai Rostri ebbe un’impetuosissima orazione di fronte al popolo, nella quale elevò Cesare con somme lodi. Recitò pure a gran voce il di lui testamento, nel quale assegnava i suoi beni al popolo romano. In seguito i romani lo posero nella lista degli dei e il giorno nel quale i congiurati lo avevano ucciso lo chiamarono giorno del parricidio.
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