Le oche del Campidoglio salvano Roma dai Galli-Versioni di Latino

Versioni di Latino

Le oche del Campidoglio salvano Roma dai Galli

Le oche del Campidoglio (da Tito Livio)
Chiunque abbia studiato il latino, ha affrontato questa versione. Questa versione dal latino presenta un testo adatto per l'inizio del secondo anno di studio della lingua latina o per il ripasso degli argomenti del primo anno di liceo. Il frammento è adattato dall'opera Ab urbe condita dello storico padovano Tito Livio. Il titolo è Le oche del Campidoglio e il testo è un grande classico delle versioni di recupero. La traduzione in italiano è letterale. Nella versione troverai il modo indicativo e congiuntivo in forma attiva e passiva, l'ablativo assoluto, i participi e i principali pronomi, il cum narrativo (cum + congiuntivo) e il primo scontro con la patavinitas dello storico latino, ovvero un confronto con la padovanità di una lingua percepita come particolare dagli stessi romani
Arx Romae Capitoliumque in ingenti periculo fuit. Namque Galli seu vestigio notato humano, qua nuntius a Veiis pervenerat, seu sua sponte animadverso ad Carmentis saxo in adscensum aequo, nocte sublustri, cum primo inermem qui temptaret viam, praemisissent, tradentes inde arma, ubi quid iniqui esset, alterni innixi sublevantesque in vicem et trahentes alii alios, prout postularet locus, tanto silentio in summum evasere ut non custodes solum fallerent, sed ne canes quidem, sollicitum animal ad nocturnos strepitus, excitarent. Anseres non fefellere, quibus sacris Iunonis in summa inopia cibi tamen abstinebatur. Quae res saluti fuit; namque clangore eorum alarumque crepitu excitus M. Manlius, qui triennio ante consul fuerat, vir bello egregius, armis arreptis, simul ad arma ceteros ciens vadit; et dum ceteri trepidant, Gallum, qui iam in summo constiterat, umbone ictum deturbat. Cuius casus prolapsi cum proximos sterneret, trepidantes alios armisque omissis saxa, quibus adhaerebant, manibus amplexos trucidat.
La cittadella di Roma e il Campidoglio fu in grande pericolo. Infatti i Galli, o per aver notato una traccia umana, da cui un messaggero era giunto dai Veii, oppure accortisi da soli che presso il tempio di Carmenta grazie al sasso piano nell’ascesa, con la debole luce della notte, fattisi precedere da un primo disarmato che aveva provato la strada, portando poi le armi, dove questo era disagevole, sostenuti a vicenda e sollevando in alternanza e portando gli uni gli altri, a seconda che richiedesse il luogo, con grande silenzio giunsero in cima così che non solo evitarono i guardiani, ma per di più non svegliarono i cani, animale sensibile ai rumori notturni. Non ingannarono le oche, alle quali sacre a Giunone pur nella grande mancanza di cibo si era tenuto lontano. Della quale cosa fu motivo di salvezza. Infatti svegliato dal rumore delle loro ali Marcio Manlio, che nel triennio precedente era stato console, uomo d’eccellenza nella guerra, prese le armi e allo stesso tempo andò chiamando aiuto; e mentre gli altri si precipitano, abbatte colpito con lo scudo un gallo, che già si era eretto sulla cima. Poiché la caduta di questo abbatteva i successivi, uccide gli altri che per la paura, abbandonate le armi, erano aggrappati con le mani ai sassi, ai quali si reggevano.
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